mercoledì 27 aprile 2016

e ti sveglierei nel pieno della notte per dirti che sono un coglione (01/02/2016 ore 0:42)

Cara Ana, prima ancora di lasciarti dire 52 anni, io direi quasi 52 - eccoli qua, uno dietro l’altro - e ti sveglierei nel pieno della notte per dirti che sono un coglione, che dovrei darmi alla matematica, che non so scrivere. E poi, come può uno essere tanto presuntuoso da credersi padrone delle parole e delle frasi, dei discorsi e dei paragrafi, di capitoli interi, quando invece non è padrone di nulla, neanche della Olivetti Lettera 25 su cui martella tutto il giorno, e nemmeno del foglio, delle virgole che sono sempre fuori posto. Ma ci sarà pure un altro lavoro - prima che le lacrime spuntino agli occhi - un altro fottuto lavoro in cui la danza dall’euforia alla depressione non sia così incessante, vertiginosa come sulle montagne russe, capace di farti precipitare giù dalla torre latino-americana in 10 secondi. E ti direi tutto questo mentre tu ficchi la testa sotto il cuscino e dici “passerà”, quasi come la parola d’ordine della guerra spagnola “no pasaran”; e invece non passa e io continuo per la mia strada con la fedele compagna di sempre, la paura delle parole che non esistono, delle frasi dal significato contorto, delle idee inafferrabili, dei paesaggi imprendibili, dei personaggi errattici, delle trame senza meta-ferite mortali. E maledetto sia il libro che ti resta in mano perchè non odora d’inchiostro e non ha alcuna frase capace di trasformare l’incubo in sogno e il sogno in quella tranquillità che solo il punto conclusivo sa dare, anche se poi devi correggerlo mille volte. Il miglior romanzo resta sempre quello che non si conclude mai, che non si scrive mai, che si pensa di continuo, che ci si porta dentro per sempre e che morirà con noi per quell’assurdo matrimonio tra il libro che non sarà mai scritto e l’uomo che mai lo scriverà. E a chi le racconto tutte queste cose? Lo specchio mi ha già avvisato che non ha intenzione di tollerare l’ennesimo fottuto monologo da lattante depresso. Ma a te, è ovvio.

Paco Ignacio Taibo II - Come la vita

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